mara.pigatto©

Mara Pigatto Benessere Sessuale

22af3bd676e2e8fb311a3fb7cf83fd76b2640964

Il desiderio

Adoro l’etimologia delle parole, la loro origine, la loro storia, in questo caso la parola desiderio deriva dal latino desiderium, un vocabolo composto dalla preposizione de e dalla parola sidus, sideris che significa stella. Se su questa ultima non abbiamo dubbi, per quanto riguarda il prefisso, si può prestare invece a varie interpretazioni, che conducono comunque ad un moto a luogo che potremmo nel nostro caso interpretare come qualcosa di lontano, quasi irraggiungibile nella fattispecie delle stelle, che non sono certo a portata di mano, possiamo quindi intendere che desideriamo sempre qualcosa di irraggiungibile, che difficilmente potremmo avere o che comunque ha di mezzo degli ostacoli.

Se ci pensiamo, nella storia, le vicende d’amore più appassionate e struggenti hanno sempre avuto degli ostacoli, pensiamo a Shakespeare che ha fatto sognare le generazioni degli ultimi secoli con Romeo e Giulietta, amori ostacolati dalle loro famiglie, o al nostro Manzoni che nella sua grande opera I promessi sposi racconta di Renzo e Lucia osteggiati nel loro imminente matrimonio da Don Rodrigo con la complicità di Don Abbondio.

È forse vero che desideriamo ciò che non abbiamo? In effetti può capitare che all’interno di una relaziona amorosa, dopo il primo periodo di innamoramento, dove spesso si naviga nell’incertezza, ci si dia poi per scontati una volta consolidata la relazione.

Forse la presenza costante del partner o della partner, la certezza di essere in una relazione stabile, fa venire meno il nostro fatidico desiderio, ma questa è solo una delle tante ipotesi relative al possibile calo di questa passione con l’andare del tempo.

Partiamo quindi dall’inizio: durante l’innamoramento il nostro desiderio sembra essere a volte inesauribile, descrivibile solo forse attraverso i versi di una poesia che in parte vi voglio riportare per farvi evocare le sensazioni legate al desiderio amoroso e passionale, Neruda, nella sua “Sete di te m’incalza” diceva:

Sete di te m’incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide…

sei la sete e ciò che deve saziarla…

l corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l’acqua nel fuoco.

Questi splendidi versi, vanno a descrivere quello che in gergo scientifico si definisce desiderio di tipo “pulsionale”, che parte dal nostro cervello più antico, il sistema limbico, per poi invadere il nostro corpo in un’attrazione quasi chimica con l’altra persona che ci porta a desiderarla al solo pensiero.

Ma come sappiamo l’innamoramento non dura tutta la vita e l’attrazione travolgente della passione a volte se ne va con esso, e come la scia di un aereo di potrebbe dissolvere.

Il suo sciamare può avvenire per diversi motivi, escludendo quelli di natura biologica o chimica dovuti ad alcune patologie e l’utilizzo di taluni farmaci, le motivazioni del fatto che il desiderio pulsionale si dissolve con il tempo, sono spesso legate anche a fattori esterni che subentrano all’interno della relazione.

Viviamo in un’epoca dove i nostri desideri, di qualsiasi genere, possono essere esauditi quasi istantaneamente. Senza voler demonizzare le tecnologie, che ci semplificano molto la vita, permettendoci di avere quasi tutto con un click, dal punto di vista del desiderare possiamo dire che poter avere la cena sotto casa, acquistare qualsiasi cosa dalla nostra scrivania, usufruire di qualsiasi film dal nostro divano, è una grande comodità, ma va ad inficiare sul nostro desiderare in generale, ma vale anche per le relazioni e i rapporti, che soprattutto tra le nuove generazioni si fanno sempre più virtuali e in modalità “scrollamento”, ovvero una volta ottenuto ciò che si voleva dal soggetto del desiderio, il più delle volte si tratta di attenzioni, si passa ad altro o ad un altro soggetto e spesso attraverso un nuovo un click.

I social in generale sono potentissimi attivatori del nostro sistema dopaminergico, che rilascia appunto la dopamina, un neurotrasmettitore deputato al piacere, il desiderio, la ricompensa, e la sua attivazione crea uno stato di euforia con conseguente possibile dipendenza.

La sua iperattivazione in tal senso, porta quindi molto spesso a dare immediatezza alla realizzazione o risoluzione del temporaneo desiderio, facendo scomparire il piacere dell’attesa che era esso stesso piacere, come diceva qualche saggio.

L’altro inibitore del desiderio è sicuramente la mancanza di tempo dovuta alla vita frenetica che conduciamo, presi 24h da cose da fare, compiti da portare avanti, lavoro, carriera, famiglia, prole ecc.… e qui potremmo andare avanti all’infinito.

Purtroppo, non esiste più il tempo lento, quello che dovrebbe essere effettivamente biologico, l’amore a volte diventa l’ultimo dei nostri pensieri e viene sovente consumato in dieci minuti, magari sopra l’asciugatrice in lavanderia e con l’orecchio teso per non essere colti in fragrante.

 Ad onor del vero ogni tanto potrebbe essere intrigante e piacevole, ma il più delle volte viene glissato proprio perché non ne vale la pena o non soddisfa pienamente i tempi della coppia che spesso non sono gli stessi, anzi non lo sono quasi mai.

Cos’è che può venirci in aiuto in tal senso nella nostra relazione, per ravvivare questa passione prima che si spenga del tutto?

Sicuramente conta molto l’amor proprio e per il o la partner, nel senso che è importante prendersi del tempo per la propria intimità. Questo non significa fare la cosiddetta “programmata”, ma trovare il tempo per stare insieme e ritrovare la propria intimità e complicità, magari solo per guardarsi un film da soli sul divano abbracciati, preparare assieme una cenetta, e poi da cosa può nascere cosa, ma è importante ritagliarsi del tempo per stare soli e fare cose piacevoli.

È in questo spazio che può rinascere un nuovo tipo di desiderio, che possiamo andare a risvegliare quando quello più istintivo e pulsionale non c’è più, ed è il desiderio che in gergo si dice di tipo “responsivo” ovvero quel desiderio creato dal contesto, dalla situazione, dalle piccole attenzioni che la coppia si rivolge.

Nella nostra società, capita che una volta conquistata la persona amata, molti abbiano il brutto vizio di non corteggiarla più, cosa che purtroppo dovrebbe essere essenziale per coltivare la relazione e mantenere viva la passione e l’amore stesso. Il desiderio va rinnovato e favorito attraverso i nostri comportamenti, succede anche nel mondo animale più istintivo, prima di un atto sessuale c’è quasi sempre un rituale di accoppiamento.

Bisogna tornare a conquistarci, a corteggiarci, creando momenti e situazioni piacevoli, come ad esempio un pomeriggio o una serata alle terme, una cenetta romantica lasciando magari la prole a dormire dai nonni anche solo una volta ogni tanto, concedersi dei momenti senza telefono, un massaggio mentre si guarda un film sul divano, a volte basta poco.

In questo ci vengono in aiuto moltissimo i nostri sensi, che spesso sono anch’essi assopiti, viviamo in automatismi come dentro la ruota di un criceto e non ci fermiamo mai ad ascoltarci, a volte non siamo più in grado di gustarci e apprezzare lentamente l’aroma di un caffè, la prelibatezza di un cibo, una fragranza profumata evocativa, che magari ci ricorda i tempi dell’innamoramento, una canzone, ascoltiamo la musica a palla in macchina per soffocare i pensieri che ci preoccupano e non ci soffermiamo più ad “sentire” cosa ci evoca quella musica, che corde ci fa vibrare.

Torniamo quindi a gustarci momenti di intimità e di tempo lento, proviamo a spegnere il resto e accendere i sensi, vedrete che oltre a far risvegliare il vostro desiderio vi sentirete rigenerati, con un’energia nuova, carichi per affrontare meglio la quotidianità con la complicità del o della partner, ritroverete così la vostra essenza e il piacere di uno sguardo di complicità che possa preludere anche altro.

cc3280b7ea441a26d848a2f8c985d58549671692

Double Taboo

Se pensate ad un tabù, cosa vi viene in mente? Potremmo elencare una serie di cose, ma la prima che ci verrà in mente sarà il sesso.

Ma esiste un un tabù sessuale ancora più tabù di altri ed è la sessualità di una persona con disabilità.

Perché la sessualità di una persona con disabilità viene considerata il tabù dei tabù?

La causa di questo pregiudizio, perché è di questo che si tratta, deriva dai nostri stereotipi, che sono modalità di funzionamento del nostro cervello che è programmato per viaggiare sempre in economy, ovvero semplificare il tutto, mentre la realtà sappiamo essere molto più complessa, ma se non ci si sofferma a pensare, il nostro pilota automatico ci porta a non andare oltre.

Uno dei maggiori stereotipi legati a questo grande tabù è la credenza popolare, e non solo purtroppo, che le persone con disabilità siano eterni bambini. Questo perché spesso vengono viste in situazione di bisogno, alcune pratiche assistenziali che molte persone con disabilità necessitano, sono pratiche che si effettuano con i bambini molto piccoli, come ad esempio l'imboccare, il lavare, il cambiare e via dicendo. Il fatto che persone anche adulte necessitano di cure che nella vita andrebbero riservate a bambini molto piccoli, ci porta a pensarli come bimbi bisognosi e innocenti, lo stesso vale quando manca l'uso della comunicazione verbale, sono i bambini piccoli che ancora non parlano o si esprimono in maniera semplice e a volte poco comprensiva. Dobbiamo stare attenti a non cadere in questo impasse, le persone adulte con disabilità non vanno infantilizzate.

L'altro aspetto che provoca questo grande tabù è legato al concetto di bellezza: nell'era dei social, di photoshop e quant'altro, dove se non sei perfetto o perfetta rischi di essere escluso, una persona con disabilità fisica o comunque con dei tratti somatici diversi, con caratteristiche diverse dagli standard che sono stati creati culturalmente, si fa fatica ad immaginarla in atteggiamenti anche romantici con un o una partner.

La disabilità è stata tenuta nascosta per molto tempo e i nostri occhi, la nostra immaginazione, non è stata “abituata” alla diversità. Solo negli ultimi anni abbiamo visto comparire nelle serie tv e nei film persone con disabilità, ma ancora a piccole dosi e con certi canoni di bellezza, ci auguriamo che i media includano sempre più le persone con disabilità nei propri programmi, ma non perché hanno una disabilità e quindi fare audience ma in quanto persone.

Terzo aspetto importante legato a questo tabù è il concetto di prestazione, la mancanza di educazione sessuale in Italia e anche in gran parte del mondo purtroppo, ci porta anche qui a fare riferimento a modelli surreali, come la pornografia dell'uomo che non deve chiedere mai e la donna super avvenente, perfetta e soprattutto sempre pronta e acrobatica...(per approfondire l'argomento vi rimando ad un altro articolo che ho scritto poco tempo fa sul mio blog: Prestazione o soddisfazione?), ecco che alla vista di una persona in carrozzina si pensa che non possa essere in grado di avere una vita sessuale, mentre, e vi invito a leggere l'articolo di cui sopra, molte persone possono arrivare ad avere una vita sessuale molto soddisfacente.

Ma ci sono anche degli stereotipi all'opposto, ovvero che alcune persone con disabilità siano degli esibizionisti, degli iper sessuali, dei maniaci. A cosa è dovuta questa credenza? Proprio per la mancanza di educazione sessuale e in particolar modo la mancanza di accompagnamento alla crescita e sviluppo dei ragazzi e ragazze con disabilità, alcuni esprimono i propri impulsi sessuali in maniera socialmente inaccettabile, nessuno purtroppo insegna loro a toccarsi in un luogo privato e non in pubblico, o che certe carezze sono un aspetto intimo che non vanno fatte a chiunque, ma con una persona per cui si prova una particolare attrazione o un certo affetto e soprattutto se lo desidera anche lei. Purtroppo senza un'adeguata educazione affettiva e sessuale possono esserci questi comportamenti disfunzionali in alcune persone con disabilità intellettiva.

Ma tornando a noi, sono tre fondamentalmente i concetti che dovremmo approfondire per andare oltre questo grande tabù, iniziando dal concetto di persona: non ci sono persone di serie A o di serie B, lo siamo tutti, con i nostri diritti, doveri, sentimenti, passioni e impulsi. La persona con bisogni assistenziali è una persona, non dobbiamo ridurla a piccola solo perché ha dei bisogni diversi da altri o ha atteggiamenti infantili, a volte siamo noi o i genitori a voler mantenere questo status, ma anche qui la cosa è molto più complessa di quanto sembra e quindi magari approfondiremo con un altro articolo.

Il secondo punto riguarda la cultura dell'unicità, anche qui purtroppo come dicevamo prima i canoni di cui siamo bombardati non aiutano certo, ma l'educazione stessa dovrebbe tendere a sfatare l'omologazione di questi modelli tutti fatti con lo stampino, tutti di successo e senza imperfezioni.

Il terzo concetto riguarda i diritti umani, in particolare il diritto alla sessualità per le persone con disabilità è sancito dalla Convenzione ONU del 2006, non dobbiamo dimenticarlo.

Concludendo, il termine tabù significa limite, limitazione, non vi sembra che le persone con disabilità non ne abbiano già abbastanza? Il limite che noi poniamo attraverso i tabù, non è altro che una limitazione alla libertà, non solo quella delle persone con disabilità, ma ci precludiamo anche la nostra di libertà, quella di avere una mente libera e aperta. Vi lascio con una citazione del Prof. Angelo Lascioli dell'Università degli Studi di Verona: “Il pregiudizio è un potere agito-subito, chi lo agisce, allo stesso tempo lo subisce nei termini di una riduzione della possibilità di comprendere la realtà. Chi lo subisce, allo stesso tempo lo agisce portandone il peso, assumendone i contorni e le deformità. (Handicap e pregiudizio, le radici culturali ).

a7c2294733a04aec0291c79afe7d6967250d66df

Tra prestazione e soddisfazione

Viviamo in una società che corre veloce, fatta per uomini e donne che non devono chiedere mai. È la società del fare e dell'apparire, dove gli stereotipi prevalgono sulla realtà.

Molte delle problematiche sessuali sono di origine culturale, significa quindi che derivano da stereotipi o credenze radicate nella nostra società.

Lo stereotipo non è altro che un processo cognitivo, volto a semplificare la complessità della realtà, ma non è la realtà stessa, è un meccanismo del nostro cervello che è portato a semplificare, a lavorare in economia, una sorta di risparmio energetico per intenderci.

Uno degli stereotipi culturali più comune e radicato nel nostro tempo si basa sul concetto di prestazione.

Il termine prestazione fa riferimento a concetti quali le prestazioni atletiche, la competizione, un adempimento, un’obbligazione, una tendenza comunque legata alla perfezione.

Il bombardamento mediatico di tipo esplicito porta sempre più a modelli di questo tipo a volte totalmente scostati dalla realtà.

Sul fronte educativo stesso molte scuole tendono ancora a valutazioni di tipo prestazionale basate sul più bravo della classe, svalutando così le numerose ricerche scientifiche che dimostrano quanto questo paradigma sia superato e che sia fondamentale parlare ora di unicità.

Ecco quindi che anche e soprattutto a livello fisico e sessuale prevale questo modello, una competizione all'intero della quale se non sei Rocco Siffredi o Belén Rodrìguez non sei nessuno.

La stessa mancanza di educazione sessuale porta i giovani a rivolgersi alla pornografia come tutorial per affrontare la prima volta... risultato? Non siamo in un film... è come guardare Ritorno al futuro, uscire, prendere l'auto e aspettarci che ci porti a spasso nel tempo pigiando un pulsante... non mi sembra tanto realistico...

Tornado a noi, se pensiamo a questi esempi prestazionali e di perfezione, non possiamo che vivere la nostra vita e la nostra sessualità in uno stato di perenne frustrazione con conseguenti problemi seri, quali calo del desiderio, perdita dell'erezione, eiaculazione precoce nell'uomo, difficoltà nel raggiungere l'orgasmo e quant'altro.

Niente di più scorretto! Un film è finzione, la pornografia è un business, gli influencer usano photo shop e non diventerai ricco e di successo in dieci giorni con un click.

Per non parlare quando si vive una condizione di fragilità, secondo questo paradigma una persona con disabilità, in situazione di vulnerabilità, oppure una persona di una certa età non dovrebbe avere una vita sessuale.

Cosa dobbiamo quindi fare per vivere bene la nostra sessualità?

Dobbiamo innanzi tutto uscire da questa logica di tipo prestazionale ed entrare nella logica della soddisfazione.

Il termine soddisfazione fa riferimento al gradimento, l’appagamento, la compiacenza, un concetto quindi che implica una totale soggettività e unicità.

La Dichiarazione dei Diritti Sessuali stessa (World Association of Sexology,t 1999) afferma che la sessualità è parte integrante di ogni essere umano. Il suo pieno sviluppo dipende dalla soddisfazione dei bisogni umani basilari come il desiderio di contatto, intimità, espressione emozionale, piacere, tenerezza, amore”.

Se noi quindi usciamo dalla logica comune di ciò che la nostra società ci impone ed entriamo invece in quello che il nostro sentire, soggettivo, unico, di ciò che ci piace e che ci fa stare bene, di ciò che veramente è importante e ha valore per noi, riusciremo innanzi tutto a vedere la sessualità sotto tutti i punti di vista che la connotano e soprattutto impareremo a viverla serenamente per ciò che è, per il piacere che ad ognuno può dare.

Ecco che in questa logica esiste veramente una sessualità per tutti e possiamo quindi ridimensionare e risolvere alcune problematiche che si possono presentare a livello sessuologico che non rientrano nelle disfunzioni sessuali vere e proprie.

La consulenza sessuale serve anche a questo, le origini di alcuni problemi sono spesso legate a fattori educativi e culturali, chiedere ad un consulente aiuta a definire le cause di una problematica e il più delle volte a risolverla.

810002fe1c08870b63bcb664f795701d9173d653

Il famigerato sexting

Innanzi tutto che cos'è ? chi lo pratica? Quali sono i rischi e le virtù di questa pratica? Come distinguere il sexting dall'esibizionismo social un po' audace?

Partiamo dalla sua definizione che nasce dall'unione delle parole sex (sesso) e texting (sms o messaggio elettronico) ovvero inviare e ricevere messaggi, testi, immagini o video sessualmente impliciti attraverso il cellulare o altri mezzi informatici.

Personalmente non mi sento di demonizzare completamente la cosa se fatta con una persona di cui si nutre una buona fiducia e ai fini di cui dicevamo sopra. A chi non è capitato di mandare qualche messaggino esplicito al proprio partner come preludio ad una eccitante serata a due?

Questa pratica, se utilizzata all'interno di una relazione di coppia, può essere un buon metodo per aumentare il desiderio, creare situazioni intriganti, per non dire di come sia stata senz'altro utile durante il lockdown nelle relazioni a distanza per mantenere viva la passione.

Potrebbe anche essere una buona terapia per far fronte al calo di desiderio all'interno di una coppia, perché no?

Ma allora qual è il problema nel praticare il sexting?

Il problema si pone quando i dati ci dicono che questa attività è divenuta una delle più diffuse tra gli adolescenti, da una ricerca del MIUR emerge addirittura che il 6% di ragazze/i al di sotto dei 14 anni avrebbero inviato foto intime attraverso messaggi.

Faccio una premessa, per chi non lo sapesse, in Italia l'età del consenso, ovvero la soglia anagrafica in cui una persona è considerata capace di dare un consenso informato riguardo comportamenti regolamentati dalla legge e in particolare ai rapporti sessuali, è fissata a 14 anni. Sempre a questa soglia è fissata l'età consentita per l'utilizzo dei social network, anche se purtroppo sappiamo benissimo che non ci sono controlli in tal senso e che anzi molte volte sono proprio i genitori a dare il consenso.

Ma un motivo di questa soglia c'è ed è di natura scientifica. I nostri adolescenti, prima di quell'età e anche dopo in realtà, non hanno ancora raggiunto un grado di maturità a livello cognitivo per quanto riguarda in particolar modo il senso critico, ovvero di cosa potrebbe essere giusto, cosa sbagliato e possibili ripercussioni, tendono quindi a cadere in queste pratiche che possono portare a conseguenze a volte deleterie.

Succede quindi che il ragazzino del quale tu hai perso la testa ti chiede qualche foto esplicita e tu per “conquistarlo” e non sembrare bigotta, inizi a mandargli qualche vedo non vedo, ma lui non si accontenta, vuole di più e ti sfida, come fosse un atto di forza e tu cedi alle lusinghe e alle provocazioni mandando immagini di cui in seguito potresti pentirtene amaramente, e questo è solo un esempio.

Ciò che può divenire molto pericoloso è che le immagini inviate in un click di un secondo potrebbero divenire pubbliche o addirittura virali se in mano alla persona sbagliata. La cronaca, anche nera purtroppo, è piena di situazioni in cui la vendetta sessuale in cui sono state rese pubbliche foto intime ha rovinato persone attraverso il ricatto e addirittura spinto altre al suicidio.

E' comunque sempre un rischio da non correre.

Fortunatamente con il Codice rosso in vigore dal 2019 è stato istituito il reato di Revenge Porn (vendetta sessuale) che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni e con una sanzione da €5000 a €15.000 chi divulga immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona.

Ma la riflessione che alcuni genitori mi pongono è anche un'altra, e riguarda il filo sottile tra alcuni video che le loro figlie (parlo di ragazze in quanto il fenomeno è più diffuso tra loro) minorenni fanno su alcuni social e il sexting vero e proprio.

Non si può negare che alcuni video che troviamo sui maggiori social, vedono giovanissime dare segnali sessualmente evidenti esponendo il proprio corpo in maniera quasi inequivocabile, a volte con un rimando esplicito talvolta anche verbale.

La questione è sicuramente molto ampia e richiederebbe una grande riflessione a livello sociale, di come i modelli dei media spingano sempre più ad un perfezionismo ed esibizionismo del proprio corpo. Ciò che dovrebbe essere privato viene sempre più esternato, si tratta di un fenomeno definito dal Prof. Willy Pasini come concetto di “extimità”, l'esatto contrario dell'intimità. Un bisogno sempre più pervasivo di essere visti in tutto e per tutto, come se per esistere fosse necessario apparire, esporsi: sono perché mi vedi in tutta la mia integrità.

Per uscire da questo impasse sociale, dobbiamo sempre più educare all'unicità, alla diversità di ognuno, al proprio essere per ciò che siamo senza per forza dover apparire. Costruire quindi solide basi valoriali per non uniformarci ad una omologazione tra balletti e selfie di cui poi un giorno ce ne potremo pentire.

La buona educazione sessuale serve anche a questo, a far comprendere la propria unicità e il proprio valore a prescindere da un corpo, ad insinuare il dubbio che se una cosa la fanno tutti non è detto che sia quella giusta per sè, a riflettere su quando sentirsi pronti ad affrontare certe cose e a viversele quindi nel pieno della propria consapevolezza e volontà.

Per saperne di più vi invito alle mie serate di “Generazioni S-connesse, genitori e figli: come navigare nel grande mare di internet senza cadere nella rete”. Non esistono genitori perfetti, ma potete sempre dire di aver fatto del vostro meglio informandovi e rivolgendovi se serve ad esperti.

bdaafdc2effc1a2d82c5dd00a98b158fdac208a3

Sesso inclusivo

Che cosa significa una sessualità di tipo inclusivo?

Partiamo innanzitutto dal significato di inclusione, ovvero appartenere a qualcosa, farne parte. Il suo contrario è l' “esclusione” cioè privare della possibilità di appartenere.

Nel nostro caso di cosa stiamo parlando? Appartenere a cosa?

Veniamo al dunque: la sessualità viene spesso esclusa e addirittura negata alle persone con disabilità. Ecco perché nel ventunesimo secolo siamo costretti a parlare di sesso inclusivo.

A chi appartiene il diritto di disporre della propria sessualità? Ci verrebbe spontaneo dire che appartiene ad ognuno di noi, ed infatti fa parte dei diritti universali inviolabili dell'uomo.

Dov'è quindi l'inghippo? Le persone con disabilità non appartengono forse all'umanità?

Probabilmente, in maniera presuntuosa, siamo arrivati a creare un'umanità di serie A e una di serie B.

Una serie A di supereroi capaci di tutto, con modelli sempre al top nel lavoro, nella società, esempi di bellezza e di attrazione sempre più stereotipati per l'uomo o la donna che non devono chiedere mai...

Poi c'è una serie B fatta di persone “diverse” che possono avere delle “fragilità” e quindi necessitare di bisogno di aiuto nella vita quotidiana dettata tra l'altro da standard elevatissimi di efficacia ed efficienza. Queste persone sono denominate sotto il termine cappello di “minoranze” per le quali è necessario varare delle leggi apposite per ribadire diritti universali e umani che dovrebbero essere tali a prescindere.

Infatti la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità è stata creata appositamente nel lontano 2006 per ribadire esattamente i diritti fondamentali delle persone con disabilità in quanto appunto “Persone”.

Citando espressamente il documento, “ il diritto alla sessualità, chiede di essere garantito al pari di tutti i diritti fondamentali delle persone con disabilità , nel contesto di una prospettiva di inclusione e valorizzazione dell'autodeterminazione”.

D'altra parte la sessualità viene spesso intesa come mero atto penetrativo, riproduttivo, mentre in realtà essa è qualcosa di più ampio rispetto ad una serie di prestazioni prefissate, è qualcosa di molto altro e di conseguenza può trovare la sua dimensione a prescindere da questi modelli e da queste prestazioni spesso frutto di una self education su You Porn che metterebbero alla porta chiunque non si chiamasse Rocco Siffredi...

Pertanto è necessario includere i ragazzi con disabilità all'interno dei percorsi di educazione sessuale ed affettiva, se necessario in forma adattiva come sancisce pure la legge sull'inclusione scolastica, nel modo in cui dovrebbe essere fatto per ogni altra materia di studio.

Gli insegnanti di sostegno e gli educatori dovrebbero essere preparati in tal senso, il rischio è di creare una forma di “analfabetismo affettivo-relazionale” (Prof. A. Lascioli dell'Università degli Studi di Verona), oltre a far venir meno la possibilità per queste persone di autodeterminarsi come cita la convenzione.

In parallelo i servizi dovrebbero dare supporto e accompagnamento in tal senso anche alle famiglie delle persone con disabilità.

Ciò che dico sempre a genitori ed insegnanti è che i bambini con disabilità si svilupperanno e diverranno adulti ma la qualità di vita e i problemi saranno diversi se saranno stati o meno accompagnati alla tematica della sessualità e dell'affettività in famiglia e nei contesti educativi.

6e47cc9beddcfba9b4a3ea95ffc0975fa474a298

Sessualità e disabilità acquisita

Nella mia esperienza lavorativa nell'ambito della disabilità, mi è capitato spesso di lavorare con persone con disabilità acquisita e da un anno a questa parte sono diventata l'educatrice di un centro dedicato esclusivamente a questo tipo di disabilità, perciò mi sta a cuore affrontare l'aspetto della sessualità in questo ambito.

A differenza della disabilità congenita o dalla nascita, le persone con disabilità acquisita hanno un passato di (passatemi il termine) “normalità”. Ad un certo punto della loro vita si sono ritrovate in una condizione di disabilità a causa di incidenti fisici, il più delle volte incidenti stradali, o incidenti vascolari, quali ad esempio un'emorragia cerebrale dovuta ad una qualche patologia.

I motivi per i quali si può giungere ad acquisire una disabilità sono molteplici come lo sono i tipi di esiti che la caratterizzano che variano da situazioni che compromettono la sfera cognitiva, fisica oppure entrambi.

Questa premessa serve a fornirci un quadro molto semplificato di ciò che può essere l'approccio a questo tipo di disabilità e di conseguenza anche agli aspetti che riguardano l'area della sessualità.

Ci troviamo spesso davanti a persone sposate o comunque in coppia, a volte con figli, che al momento dell'incidente o della malattia si ritrovano catapultati in un'altra vita, costretti a ricostruirsi piano piano un nuovo equilibrio all'interno di un nuovo corpo che spesso non risponde più ai “comandi” di prima.

Allo stesso tempo cambia tutto l'assetto famigliare: gli aspetti di coppia, l'intimità, la sessualità, passano tutti in secondo piano. Il partner della persona che acquisisce la disabilità passa dall'essere moglie o marito amante, a persona che accudisce, si prende cura del compagno/a bisognoso/a.

Questo cambio di ruolo, viene definito processo di parentalizzazione, ovvero non vede più il suo partner come oggetto del desiderio, ma come persona bisognosa di cure come potrebbe essere un/una figlio/a.

Dall'altra parte, la persona che acquisisce una disabilità può ritrovarsi di fronte a problematiche sessuali importanti che possono essere dovute a limitazioni fisiche, cognitive oppure legate all'utilizzo di alcuni farmaci che possono andare ad inibire il desiderio sessuale e di conseguenza la funzionalità degli organi, creando un ulteriore trauma al trauma.

La coppia dovrebbe quindi trovare nuovi equilibri e nuove modalità di intimità e di condivisione attraverso percorsi specifici di consulenza sessuale e se necessario avviare una terapia di coppia con uno specialista.

Questo aspetto viene spesso considerato secondario, ma va affrontato per evitare conseguenze di tipo psicologico anche gravi, come potrebbe essere uno stato di depressione che va a compromettere un quadro già fortemente complesso e difficile.

e022a187c6b6efbb37d1cac9ac3ccfa5b6dc3a4b

Il "problema" della sessualità nella disabilità intellettiva

Il titolo di questo articolo vuole in parte essere provocatorio e in parte delineare quando i comportamenti di una persona con disabilità intellettiva di origine o riferibili alla sessualità possono divenire un problema.

Parliamo di comportamenti, in quanto la sessualità di una persona con disabilità non è mai di per sé un problema, per questo è importante distinguere i due aspetti.

La sessualità in generale e quindi anche di una persona con disabilità intellettiva, è una componente essenziale dello sviluppo del proprio sé e del proprio sé all'interno delle relazioni, non può quindi costituirsi un problema, al contrario può costituirsi una grande fonte di acquisizione di autonomie e di benessere per la persona.

Troppo spesso però si verificano comportamenti problema riconducibili alla sessualità, come ad esempio una masturbazione eseguita in luoghi non idonei, oppure esercitata in maniera compulsiva, un approccio agli altri troppo invasivo a livello fisico e altro ancora. Sottolineo riconducibili alla sessualità in quanto non sempre questi comportamenti hanno a che fare con un vero e proprio impulso sessuale, ma possono essere eseguiti per noia o per attirare l'attenzione, sta di fatto che alla base c'è la mancanza di un'educazione sessuale e affettiva. Questa carenza conoscitiva del proprio corpo e delle regole sociali in tal senso, porta ad un utilizzo dello stesso in modo errato e a volte pericoloso.

I comportamenti problema si definiscono infatti tali in quanto possono causare danni alla persona e agli altri, provocando il più delle volte uno stigma sociale negativo rispetto alla persona stessa e la conseguente difficoltà nell'inclusione sociale. Molti di questi atteggiamenti possono divenire poi ossessivi o compulsivi di difficile gestione soprattutto a livello famigliare con una serie di conseguenze e dinamiche a volte irreversibili che portano all'isolamento non solo della persona con disabilità ma dei caregiver della stessa.

Per questo è necessario che l'istituzione scolastica per prima non escluda dai percorsi di educazione sessuale le persone con disabilità intellettiva, anzi la scuola necessita sempre più di insegnati specializzati preparati anche su questo tema e in grado di semplificare e rendere accessibili i contenuti trattati.

Dall'altra parte anche i genitori necessitano di supporto nell'affrontare i compiti di sviluppo dei propri figli, accettando il fatto che con o senza educazione sessuale i loro figli si svilupperanno e diventeranno uomini o donne, ma la qualità di vita e i problemi saranno diversi se avranno affrontato o meno la tematica accompagnando i propri figli in questo delicato passaggio.

Ci si può trovare davanti a comportamenti problema già consolidati ed è necessario saper intervenire attraverso azioni educative specifiche per ridurre o estinguere il comportamento.

Un altro aspetto importante riguarda gli educatori e gli operatori che affiancano i ragazzi con disabilità intellettiva, un progetto di vita non può non comprendere la componente affettiva e sessuale, fa parte del processo di crescita del quale si è responsabili. E' quindi importante cercare di non evitare di affrontare questi aspetti, ma formarsi ed essere preparati a gestirli.

Una componente bella e sana come può essere la sessualità rischia di divenire una prigione per alcune persone con disabilità e per le loro famiglie, è importante prevenire e soprattutto affidarsi a professionisti competenti in grado di accompagnare la persona e la famiglia in un percorso di crescita e di benessere perché non esiste una sessualità disabile, esistono comportamenti inadeguati a causa di una mancanza di conoscenza del proprio corpo e delle regole sociali.

Questa volta vi consiglio una lettura molto interessante e completa come “Sessualità e disabilità intellettiva” di Francesco Rovatti della Erickson, ma soprattutto consiglio di rivolgersi a professionisti competenti in materia. Se vi va potete anche iscrivervi ai percorsi formativi che terrò nel prossimo autunno per famigliari, operatori e insegnati... stay tuned !!!

521ae378d704ea95bce7dfe7932f98f73a1a41c1

LGBTQIA+

Molti genitori mi chiedono come parlare ai propri figli di questo argomento complesso, reso sicuramente più ostico dalle numerose informazioni e disinformazioni sul tema che circolano ormai su tutti i media.

Come molti già sanno, l'acronimo LGBTQIA che sta per Lesbica, Gay, Bisessuale, Queer o Questioning, Intersessuale e Asessuale ed l’acronimo di un movimento collettivo che promuove il cambiamento della condizione sociale, culturale, politica e legislativa delle persone che non si riconoscono all’interno di un concetto di genere e orientamento eteronormativo o binario.

Premetto che personalmente non amo dividere le persone per categorie, anche se è un meccanismo innato del nostro cervello per permettere una certa economia, io comunque preferisco sempre parlare di persone e in quanto tali tutte diverse l'una dall'altra, con pensieri, caratteristiche, gusti e desideri unici per ognuna. Ma visto che dobbiamo dare un nome alle cose, andiamo ad analizzare brevemente il quadro.

Ma esiste anche una nostra identità sessuale che è frutto di complesse interazioni tra fattori biologici, psicologici e culturali.

Innanzi tutto esiste un sesso biologico che si distingue dai nostri genitali alla nascita e può essere femminile, maschile o intersessuale, ovvero la presenza di organi sessuali sia maschili che femminili interni o esterni (altro argomento interessante e curioso di cui magari andremo ad approfondire in futuro).

Andando nel dettaglio, abbiamo detto che il sesso biologico viene assegnato alla nascita in base ai nostri organi genitali alla nascita.

La nostra identità di genere invece, rappresenta il “come io mi sento” ovvero se mi sento donna, uomo, oppure non mi sento di identificarmi all’interno di questo sistema binario.

Quando si parla di orientamento sessuale ci si riferisce a ciò da cui noi siamo attratti, ciò che ci piace: se mi sento attratta/o più dal sesso opposto al mio mi definirò eterosessuale, se invece sarò attratta/o da persone del mio stesso sesso sarò omosessuale (Lesbica o Gay). Potrei comunque essere attratta/o da entrambi i sessi e mi definirò quindi bisessuale, ma potrei essere anche indecisa/o su ciò che mi attrae maggiormente e sarò quindi in una dimensione di Q che sta per Queer o Questioning e racchiude tutte quelle persone che non si identificano con esattezza e comunque sono in una fase in cui si pongono delle domande. Ci sono poi persone che non identificandosi nel sesso assegnato loro alla nascita potrebbero vivere gravi sofferenze psicologiche tali da dover intraprendere un percorso di transizione e quindi divenire transgender e acquisire le caratteristiche fisiche del sesso con cui ci si identifica attraverso terapie ormonali e/o interventi chirurgici di transizione completa o parziale. Ci manca ancora la A di Asessuale che è una persona che non prova nessuna attrazione a livello sessuale, ma può comunque provare altri tipi di attrazione come ad esempio di tipo romantico, oppure potrebbe definire persone Aromantiche o Agender che appunto non si riconoscono in questi tipi di attrazione o genere.

La + di Plus sta ad inglobare tutte le persone che non si riconoscono o hanno tipi di attrazione diversa da quelle citate dall’acronimo.

Mi rendo conto di aver semplificato molto questo complesso tema che non va assolutamente banalizzato, sottovalutato o ignorato: dietro ognuno di questi termini spesso si nasconde una grande sofferenza umana, una delle maggiori cause di suicidio tra i giovani non compresi e spesso discriminati.

Ma come affrontare con i propri figli l'argomento?

Non è certo facile per un genitore affrontare alcune tematiche, mi sento comunque di dire che è fondamentale fin da piccoli educare i nostri figli alla diversità.

L'educazione deve essere basata sul concetto di unicità e diversità per ognuno e legata al rispetto di ogni persona poiché tale.

Questo non solo aiuterà a comprendere meglio il fenomeno, che esiste dalla notte dei tempi, ma sarà un'ottima prevenzione al bullismo in generale, ognuno di noi ha caratteristiche diverse e merita di essere trattato con rispetto.

Le risposte da dare ai propri figli devono essere semplici e veritiere e se non si sa come rispondere o si è in imbarazzo, è meglio prendersi del tempo dicendo loro semplicemente che non si è in grado di rispondere in quel momento ma che si informeranno per farlo e nel frattempo possono consultare un professionista che li guidi in questo.

Tale approccio educativo è ciò che gli Esperti in Educazione Sessuale come me promuovono nelle scuole. Tengo a specificare quindi che non esiste nessuna teoria gender e nessun tipo di indottrinamento, ma l'educazione alla consapevolezza che ognuno di noi è diverso e unico e ogni persona va quindi rispettata.

Come avrete intuito l'argomento è molto vasto da trattare, perciò questa volta vi suggerisco un sito molto interessante dove andare ad approfondire, creato dall'associazione Agedo formata da genitori e professionisti, all'interno del quale potrete scaricarvi a titolo gratuito una serie di guide informative inerenti al tema molto interessanti, https://www.agedonazionale.org/sei-sempre-tu/ questa guida in particolare vi sarà molto utile, contiene una serie di domande, risposte e consigli.

66314d3b37729b9d31771939f2154ebf6d58b7f2

"Te lo dirò quando sarai più grande"

Te lo dirò quando sarai più grande”... quante volte ci siamo sentiti dire questa frase dai nostri genitori, e quante volte come genitori l'abbiamo detta ai nostri figli?

Ricordo molto bene che a suo tempo questa frase detta da mia madre non fece altro che suscitare in me due sentimenti: rabbia e curiosità.

La curiosità è un motore di vita e di crescita, è uno stimolo, una motivazione che ci porta a maturare e a conoscere. Anche la rabbia di per sé non è un'emozione negativa ma può essere motivo di spinta al cambiamento e al raggiungimento dei nostri obiettivi se ben incanalata.

La rabbia e la curiosità di un/a bambino/a o ragazzo/a porteranno sicuramente lo/a stesso/a a trovare e attuare altre strategie per arrivare alla meta, ovvero ad avere la risposta alle proprie curiosità.

Nella nostra era digitale non è affatto difficile per i nostri giovani trovare risposte attraverso il web o i media. Ma quali sono le risposte che trovano?

Da una ricerca di Telefono Azzurro – Doxa Kids, nel 2019 il 50% dei minorenni afferma che nel proprio gruppo di amici si guardano video pornografici.

L'attuale pornografia propone sempre più scene violente, dove il più delle volte la violenza viene esercitata nei confronti di donne e nel caso di siti pedopornografici nei confronti di minori. Inoltre eroga un modello di prestazione totalmente irreale, questo in quanto la pornografia non nasce con l'obiettivo di educare ma al contrario come business spettacolo. Non si tratta altro che di film il più delle volte senza trama, di fatto un'invenzione, una fantasia.

Le risposte che avranno i nostri/e ragazzi/e saranno una visione di un sesso irreale, a portata di un click. Un sesso per “l'uomo che non deve chiedere mai”...che può portare a comportamenti aggressivi e violenti e in alcuni casi a successivi disturbi del desiderio e dell'eccitazione una volta divenuti adulti.

Non mi soffermerò su altre gravi conseguenze come il sexting o il grooming del quale magari vi parlerò più avanti.

Tornando a noi, quand'è che i nostri bambini o ragazzi saranno più grandi e meriteranno una adeguata risposta da noi adulti?

Dire “Te ne parlerò quando sarai più grande” è un meccanismo di difesa da parte dei genitori, i quali purtroppo non hanno ricevuto un' educazione sessuale. I nostri retaggi culturali e a volte religiosi creano dei forti blocchi di fronte a questo argomento, ci hanno insegnato che il sesso è una cosa sporca, intima, che viene da sé, niente di più falso ovviamente e questo lo riscontriamo noi specialisti nelle nostre consulenze o peggio ancora nei fatti di cronaca.

Che risposte quindi dare ai nostri figli?

Semplicemente la verità, con parole semplici, eventualmente con l'aiuto del consiglio di uno/a specialista. Io comunque consiglio sempre ai genitori di leggere anche qualche libro in merito, come ad esempio “Col cavolo la cicogna” di A. Pellai e B. Calaba, oppure è molto interessante anche “C'era una volta la prima volta” di F. Veglia e R. Pellegrini.

E per i nostri ragazzi con disabilità ???

Per loro consiglio sempre ai genitori un percorso di formazione e consulenza per non affrontare da soli la tematica che va inserita all'interno di un progetto educativo condiviso anche con le altre figure che si occupano del/la ragazzo/a, ma c'è un testo molto interessante che io propongo sempre: “Amicizia, amore e sesso: parliamone adesso” di M. Berarducci e A. Contardi.

d26f473e2a01b45558b637faa22b4420bca22fef

Che risposte stiamo dando agli adolescenti?

Durante il periodo della pubertà nel nostro corpo avvengono numerose trasformazioni, è il passaggio dal corpo bambino al corpo adulto.

Questi cambiamenti coinvolgono corpo, mente e cuore, le nostre emozioni. Come accompagniamo noi adulti i ragazzi in questo delicato passaggio?

Dal punto di vista genitoriale sono pochi ancora purtroppo i genitori in grado di parlare in modo adeguato e libero ai propri figli, nessuno insegna ai genitori come fare e a sua volta non hanno ricevuto un’adeguata educazione sessuale. Dal punto di vista istituzionale sono ancora troppo poche le scuole che propongono un percorso educativo completo di questo tipo, non essendo un obbligo. Molti giovani si appoggiano alle esperienze e al confronto tra il gruppo dei loro pari, la maggior parte però si rivolge alla inaffidabilità di internet con i connessi danni che riscontriamo nelle cronache quotidiane.

Conseguenze ancora più infauste le possiamo solo immaginare per giovani con disabilità, il quale sviluppo fisiologico è pressoché analogo ai coetanei, che tipo di accompagnamento possono ricevere?

Considerati eterni bambini asessuati affronteranno questa difficilissima fase in completa solitudine e incomprensione, con successivi possibili problemi comportamentali.

I genitori il più delle volte non sanno se e come trattare l’argomento altri non lo vogliono proprio affrontare. Nelle scuole molti ragazzi con disabilità vengono esentati dalle lezioni di educazione sessuale, se concepite e non è certo facile per loro crearsi amicizie con cui confrontarsi o chiedere soprattutto se bisognosi di assistenza.

Pensiamo alle conseguenze di un corpo che cambia senza gli strumenti per capire cosa succede e come comportarsi.

L'educazione sessuale e/o la consulenza educativa, rivolte a ragazzi e genitori servono proprio a questo: far conoscere, indirizzare ed educare, acquisire strumenti per far leva sulle proprie risorse personali e competenze individuali, far così fronte alle difficoltà o prevenirle.

Il nostro corpo non è mai scisso dal pensiero e dalle emozioni. Accompagnare i nostri ragazzi nel percorso di crescita è un nostro dovere.


facebook
instagram
linkedin